N. RG 1105/2021
TRIBUNALE DI ALESSANDRIA
Sezione Lavoro
Il tribunale, in persona del giudice unico;
letti gli atti, sciogliendo la riserva di cui all’udienza 19 gennaio 2022;
ha pronunziato la seguente
O R D I N A N Z A
- 1.
La signora XX , premesso di aver presentato, in data 30 aprile 2021, nuova domanda per la concessione del reddito di cittadinanza, di cui era stata beneficiaria negli anni pregressi, e che l’INPS ha, con comunicazione 19 maggio 2021, rigettato l’istanza per essere presenti nel nucleo familiare altri soggetti già titolari della medesima indennità, non avendo ottenuto riscontro all’istanza di riesame del provvedimento, ricorre ai sensi dell’art. 700 cpc allegando:
- che, quanto al fumus boni iuris, la sussistenza dei presupposti di legge per la concessione del beneficio invocato deriverebbe dal fatto che i coinquilini dell’alloggio sito in Ovada, non corrisponderebbero ad essa ricorrente alcun emolumento, sussistendo con costoro un mero rapporto di coabitazione, in virtù di un contratto di comodato gratuito;
- che, quanto al periculum in mora, la mancata percezione del reddito di cittadinanza influirebbe sul proprio sostentamento e sul soddisfacimento dei bisogni primari della persona, quali alimenti e cure.
Resiste alla domanda l’INPS.
Contesta la sussistenza del periculum in mora in ragione del notevole lasso di tempo (sei mesi) decorso dalla reiezione della domanda alla proposizione del ricorso, indice di insussistenza di immanenza del lamentato pregiudizio; in ragione dell’assenza di prova, e ancori prima di allegazione, circa la natura e la sussistenza del solo affermato pregiudizio; in ragione, trattandosi di una pretesa avente ad oggetto un diritto di credito, di mancanza di allegazione e prova di pericolo di lesione di situazioni giuridiche non patrimoniali, direttamente collegate con l’omesso percepimento immediato della provvidenza in oggetto, quali il diritto alla salute, all’integrità fisica e, comunque, a diritti non suscettibili di reintegrazione e comunque che potrebbero essere irrimediabilmente pregiudicati a causa del ritardo.
Contesta, altresì, la sussistenza del fumus boni iuris in ragione dell’irricevibilità della domanda di reddito di cittadinanza, perché inoltrata prima del decorso del mese di sospensione previsto dalla legge; in ragione del fatto che nella dichiarazione unica prevista dall’art. 10 DPCM n. 159/13 per la determinazione dell’ISEE, la ricorrente ha dichiarato di essere l’unico componente del nucleo familiare, quando, invece, risulta convivere con altre due persone, anch’esse titolari di reddito di cittadinanza; in ragione del fatto che la ricorrente risulta risiedere in strada….. , quindi da data ben anteriore al contratto di comodato gratuito, privo di data e non registrato, comunque non opponibile al resistente che è terzo rispetto alle parti di detto negozio; in ragione del fatto che, in ogni caso, non consta che la comodante, YY, sia titolare di alcun diritto reale o personale di godimento sull’immobile concesso in comodato alla ricorrente; in ragione del fatto che la ricorrente, per gli anni 2005 e 2006, risultava titolare di partiva IVA in qualità di informatore scientifico e rappresentante di cosmetici avente sede in Ovada,;
Conclude per la reiezione del ricorso con condanna al pagamento delle spese.
- 2.
Al di là della mera verosimiglianza circa la sussistenza del diritto fatto valere, o che si farà valere, in via ordinaria, il presupposto principale per poter dar corso a tutela cautelare anticipatoria d’urgenza, ai sensi dell’art. 700 cpc, è costituito dalla prova rigorosa che, nel tempo occorrente per ottenere la decisione di merito, il diritto sia minacciato concretamente ed attualmente da un pregiudizio imminente ed irreparabile.
Il diritto fatto valere in via ordinaria dalla ricorrente, ed azionato in sede cautelare, è costituito dal preteso diritto alla corresponsione in proprio favore, da parte dell’INPS, del reddito di cittadinanza con decorrenza non specificata (“dal dì del dovuto”); ciò sul presupposto dell’illiceità della condotta dell’INPS di reiezione della domanda presentata il 30 aprile 2021.
Si riportano, testualmente, i passi del ricorso riguardanti la pretesa sussistenza del periculum in mora:
“l’odierna ricorrente ritiene pertanto di domandare il riconoscimento del Reddito di Cittadinanza, nonché i conseguenti provvedimenti giudiziali di carattere risarcitorio in via d’urgenza, stante il concreto pericolo di subire un danno grave ed irreparabile nell’attesa di un procedimento sul merito”:
“ove dovesse tardare una decisione di merito, in considerazione dell’assenza di un sufficiente patrimonio finanziario, sussiste il concreto rischio di non poter provvedere ai bisogni primari della persona, quali alimenti, cure e quant’altro”;
“risulta invero sussistere anche il secondo elemento richiesto dall’art. 700 c.p.c., cioè il periculum in mora, dato che la ricorrente non percepisce più il Reddito di Cittadinanza necessario per il proprio sostentamento”.
Definizioni illusorie, che ripropongono in termini solo formalmente diversi l’enunciazione di quanto dovrebbe costituire oggetto di spiegazione o di svolgimento e, in ultima analisi, di prova rigorosa, a cui non risultano essere volte le prove orali dedotte, in quanto non tendenti a dimostrare la sussistenza del pregiudizio (che non può mai essere considerato in re ipsa, altrimenti lo strumento di tutela cautelare si sostituirebbe a quello ordinario), nonché la sua immanenza ed irreparabilità.
Peraltro, desta perplessità ed è contraddittorio con quanto affermato (e non provato) circa l’impossibilità di far fronte ai bisogni primari, il comportamento tenuto dalla ricorrente che, a dispetto della invocata tutela urgente per imminenza ed irreparabilità del pregiudizio, ha atteso ben sei mesi dalla reiezione della domanda di concessione del reddito di cittadinanza prima di azionare, nella presente sede, il diritto invocato, lasciando così intendere di aver altre fonti di reddito (non dichiarate) che le hanno permesso di vivere per tutto detto lasso di tempo, di sostenere le spese per il vitto, il riscaldamento gli spostamenti e altro.
Per sei mesi la ricorrente è (apparentemente) rimasta senza entrate e ciò stride, quanto meno, con il fatto, affermato ma non provato, secondo cui il reddito di cittadinanza costituirebbe l’unica fonte di reddito con la quale fare fronte al proprio mantenimento.
La ricorrente non ha provato, e ancor prima non si è offerta di provare, l’assenza di ulteriori redditi (magari derivanti da capitale, magari derivanti da immobili) e, dunque, l’affermazione, secondo cui il reddito di cittadinanza sarebbe l’unica fonte di reddito, non è stata sufficientemente supportata da elementi di prova.
Peraltro, la certificazione ISEE del 2019 non è utile allo scopo per due ragioni: perché si tratta di un’autocertificazione che non può costituire prova a favore del dichiarante e contro l’INPS; perché si riferisce al 2019 mentre l’istanza riguarda l’anno 2021.
E’ ricorrente, peraltro, in giurisprudenza la considerazione secondo cui la mera perdita della fonte di reddito (retribuzione, nel presente caso, reddito di cittadinanza) non concretizza di per sé il pregiudizio imminente ed irreparabile, trattandosi sempre di danno risarcibile ex post, con la conseguenza che colui che agisce in via di urgenza deve allegare e provare le circostanze di fatto in relazione alle quali il provvedimento di sospensione della retribuzione (reddito di cittadinanza) produce, in concreto, effetti lesivi di carattere irreparabile che non possono ritenersi insiti nella mera perdita della retribuzione (reddito di cittadinanza) (Trib. Modena, 23.7.2021, n. 2467; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 13.5.2010).
La carenza del periculum in mora rende superflua l’analisi del fumus boni iuris e determina l’irrilevanza delle prove orali dedotte.
- 3.
Ai sensi dell’art. 152 disp. att. cpc, tenuto conto di quanto autocertificato dalla ricorrente, si deve disporre la compensazione delle spese.
- Q. M.
rigetta il ricorso;
compensa le spese.
Si comunichi.
Alessandria, 27 gennaio 2021.
Il GdL
Stefano Moltrasio