SENTENZA “LA FIDEJUSSIONE DEL CONSUMATORE
n. 939/2019 R.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Alessandria, prima sezione civile, nella persona del giudice Stefano Moltrasio, ha pronunciato
S E N T E N Z A
nella causa civile di I° grado, iscritta al n. 1085/2017 del Ruolo Generale, promossa da:
X e Y, elettivamente domiciliati in Genova,
attori-opponenti
c o n t r o
Banca S.p.A.,
convenuta-opposta
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto
X e Y oppongono il decreto ingiuntivo n. 13/2017 portante, a loro carico ed in solido col debitore principale Z, il pagamento in favore di Banca S.p.A. di € 131.995,76 oltre interessi e spese.
Eccepiscono l’inammissibilità del ricorso monitorio per carenza di legittimazione attiva della spa cessionaria , carenza di poteri di rappresentanza sostanziale e giudiziale, carenza di ius postulandi; la decadenza dall’azione ai sensi dell’art. 1957 cod. civ.; la liberazione di essi fideiussori ai sensi dell’art. 1956 cod. civ.; la carenza di prova dell’ammontare del credito.
Resiste Banca S.p.A. contestando le eccezioni e concludendo per la conferma del provvedimento monitorio sulla base della documentazione prodotta.
- 3.
La cessionaria ha agito in veste di procuratore, in virtù di procura registrata in data 13.11.2015 (doc. n. 13), confermata con procura 6.6.2016 (doc. n. 14).
In forza di ciò ha conferito procura alle liti all’avv. …. (doc. n. 15).
L’eccezione di carenza di legittimazione è, pertanto, infondata.
- 4.
L’art. 5 del contratto di fideiussione prevede deroga al termine dell’art. 1957 cod. civ. che viene pattiziamente elevato da 6 a 36 mesi.
E’ irrilevante che il contratto in oggetto sia da qualificarsi in termini di fideiussione o, come eccepito dalla difesa di Banca S.p.A., in termini di contratto autonomo di garanzia, perché comunque le parti hanno, mediante espressa deroga limitata alla sola durata del termine, richiamato nella forma e nella sostanza la disciplina di cui all’art. 1957 cod. civ..
Infatti, se è vero che in via di principio al contratto autonomo di garanzia non è applicabile tout court l’art. 1957 cod. civ, è altrettanto vero che è comunque fatta salva la diversa volontà delle parti (in tal senso, Cass., SU, 18 febbraio 2010, n. 3947 “al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma dell’art. 1957 cod. civ….”; e, quanto alla tutela del fideiussore, meritevole di protezione, anche nel contratto autonomo di garanzia, Cass., sez. III, 5 aprile 2012, n. 5526 “la circostanza che le parti, in un contratto di garanzia, abbiano regolamentato gli oneri gravanti sul creditore ai sensi dell’art. 1957 cod. civ., non è da sola sufficiente ad escludere il carattere autonomo della garanzia stessa, essendo tale norma espressione di un’esigenza di tutela del fideiussore, che può essere considerata meritevole di protezione anche in caso di garanzia non accessoria”; e, ancora, sulla non incompatibilità dell’espressa previsione delle parti del richiamo, in un contratto autonomo di garanzia, alla disciplina dell’art. 1957 cod. civ., Cass., sez. III, 28 marzo 2017, n. 7883).
Alla luce di tale interpretazione giurisprudenziale, si può ritenere che, anche nel contratto autonomo di garanzia, operi la disciplina dettata dall’art. 1957 cod. civ., laddove, come nel caso in esame, espressamente prevista, disciplinata e richiamata dalle parti.
Il contratto principale è stato risolto da Banca S.p.A. il 15.4.2014; il decreto ingiuntivo è stato pronunziato il 3.1.2017 e notificato il 31.1.2017.
Poiché la decadenza conseguente all’inerzia del creditore garantito può essere evitata solo mediante azione in giudizio [nel senso che il termine è di decadenza e della necessità dell’azione in giudizio: Cass., sez. II, 29 gennaio 2016, n. 1724 “l’art. 1957 c.c., nell’imporre al creditore di proporre la sua “istanza” contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa; pertanto, il termine “istanza” si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità a sortire il risultato sperato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non costituire “istanza” ai fini dell’art. 1957 c.c. la denuncia di inadempimento effettuata più volte alla società italiana cauzioni)”], risulta che Banca S.p.A. ha agito tempestivamente, rispetto alla disciplina pattizia di cui all’art. 5 del contratto, tardivamente, secondo la disciplina generale dell’art. 1957 cod. civ..
Gli opponenti hanno eccepito che Banca S.p.A. sarebbe decaduta dall’azione nei loro confronti ai sensi dell’art. 1957 cod. civ.: trattandosi di consumatori, la clausola sarebbe nulla perché la banca non avrebbe dimostrato la “specifica trattativa” prevista dal comma 5 dell’art. 34 D.Lgs. 6.9.2005, n. 206.
X e Y hanno rilasciato garanzia in favore di Banca S.p.A. per le obbligazioni nascenti da contratto di mutuo stipulato dalla loro figlia, titolare della ditta individuale Z.
E’ consumatore, secondo la definizione di cui all’art. 3, comma 1 lett. a), D.Lgs. 6.9.2005, n. 206, la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.
Si tratta, come detto, di due genitori che hanno rilasciato garanzia in favore della figlia esercente attività imprenditoriale, per cui è di tutta evidenza che si è in presenza di consumatori secondo la disciplina positiva dianzi richiamata.
Del resto, Banca S.p.A. non ha provato, né si è offerta di farlo, che gli opponenti abbiano, viceversa, agito in qualità di imprenditori esercenti l’attività svolta dalla figlia in regime di ditta individuale.
Non solo, ma la giurisprudenza più recente (Cass., sez. VI-I, ord. 16.1.2020, n. 742), assolutamente condivisibile, anche perché confortata dalla giurisprudenza dell’Unione Europea, ritiene che “nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, Tarcau, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, Dumitras), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio). (Nella specie, è stata ritenuta operante l’esclusività del foro del consumatore con riferimento al contenzioso tra banca e fideiussore non professionista, ancorché l’obbligato principale avesse assunto il debito garantito per lo svolgimento di attività d’impresa)”.
L’art. 5 del contratto di fideiussione è stato specificamente approvato dai garanti per iscritto, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, cod. civ., trattandosi di clausola vessatoria predisposta unilateralmente a stampa dalla banca su propri moduli.
Tuttavia, allorquando il garante rivesta, come nel caso in esame, la qualità di consumatore, è necessario il rispetto dei requisiti sostanziali, e non solo formali, costituiti dalla prova, a carico del professionista, che la clausola unilateralmente predisposta sia stata oggetto di specifica trattativa individuale (art. 34, comma 5, D.Lgs. 6.9.2005, n. 206), non essendo sufficiente la mera specifica approvazione per iscritto prevista in via generale dal secondo comma dell’art. 1341 cod. civ..
Invero, apparirebbe banalmente riduttivo omologare le due discipline in una sorta di interpretazione “al ribasso”, ritenendo sufficiente, anche nell’ipotesi di consumatore, la mera sottoscrizione specifica della clausola, perché allora non si comprenderebbe perché mai il legislatore abbia, invece, ritenuto di dettare una regolamentazione specifica, anziché dar corso al mero richiamo alla norma codicistica.
La prova in oggetto (specifica trattativa) non è stata fornita da Banca S.p.A. e, dunque, la clausola non si applica, con conseguente operatività della disciplina generale prevista dall’art. 1957 cod. civ., da cui deriva la decadenza della banca dalla possibilità di agire nei confronti dei fideiussori, avendo agito nei confronti del debitore principale oltre il termine semestrale di decadenza.
Il decreto ingiuntivo deve essere revocato e la domanda, proposta da Banca S.p.A. in via subordinata, rigettata.
Le altre eccezioni restano assorbite.
La soccombenza regola le spese, liquidate come da dispositivo.
- Q. M.
il Tribunale di Alessandria, definitivamente pronunziando, così dispone:
1) revoca il decreto ingiuntivo n. 13/2017;
2) rigetta la domanda proposta da Banca S.p.A.;
3) condanna Banca S.p.A. a rimborsare a X e Y le spese processuali che liquida in € 10.000,00 per onorari di avvocato, oltre spese generali, CPA ed IVA.
Così deciso in Alessandria, addì 14 agosto 2020.
Il giudice
Stefano Moltrasio