“LA FIDEJUSSIONE DEL CONSUMATORE E LA DECORRENZA DEL TERMINE IN CASO DI FALLIMENTO DEL SOGGETTO GARANTITO”

N. 1782/14 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Alessandria, prima sezione civile, nella persona del giudice Stefano Moltrasio, ha pronunciato

S E N T E N Z A

nella causa civile di I° grado, iscritta al n. 1782/2014 del Ruolo Generale, promossa da:

signora XX ,

attrice-opponente

c o n t r o

Banca YY S.p.A.,

convenuta-opposta

con l’intervento di

SOCIETA’ ZZ s.r.l.,    

terza intervenuta

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto

  • 1.

La signora XX  oppone il decreto ingiuntivo n. 217/2014 con il quale le è stato intimato, in forza di fideiussione omnibus rilasciata a garanzia dei debiti di Impresa BB, il pagamento della somma di € 285.971,93 oltre interessi e spese, in favore di Banca YY SPA.

L’attrice eccepisce la nullità dei “conti anticipi” poiché non redatti per iscritto, in violazione di quanto previsto dall’art. 117 TUB, l’addebito sul conto corrente di somme di pertinenza dei conti anticipi con aggravio di spese per € 155.993,24, l’applicazione ingiustificata di interessi passivi anche allorquando il conto non era passivo, con somme indebitamente addebitate per € 13.258,22, l’applicazione di interessi oltre soglia usura, l’applicazione illegittima di anatocismo.

Inoltre, tenuto conto della scadenza dell’obbligazione garantita con la dichiarazione di fallimento dell’Impresa BB , l’opponente eccepisce la decadenza della banca dal diritto di agire nei propri confronti, per decorso del termine di cui all’art. 1957 CC.

Infine, eccepisce il difetto di forma scritta dei contratti, l’indeterminatezza degli interessi, l’applicazione, non concordata, di interessi superiori al tasso legale, l’applicazione, non negoziata, di commissioni di massimo scoperto.

Resiste alla domanda la Banca, eccependo la nullità, per indeterminatezza del petitum, dell’atto di citazione, contestando le eccezioni sollevate dall’opponente e concludendo per la conferma del decreto ingiuntivo.

Nel corso del giudizio, in virtù di cessione del credito, è intervenuta volontariamente la società ZZ s.r.l. rappresentata

  • 2.

L’eccezione di nullità dell’atto di citazione non è fondata.

L’atto in questione contiene gli elementi minimi necessari e sufficienti per consentire alla controparte di articolare le proprie difese (come in effetti è avvenuto) e di comprendere quanto viene domandato.

La richiesta di estromissione da giudizio di BANCA  non può essere accolta difettando il consenso delle altre parti (art. 111, terzo comma, CPC).

Non essendovi questioni di rito da esaminare prioritariamente, la causa può essere decisa facendo applicazione del principio, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., della “ragione più liquida”, in forza del quale, può prescindersi dall’ordine stabilito dall’art. 276 CPC, laddove vi sia la possibilità di decidere la causa sulla base di una questione di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (in tal senso: Cass., sez. V, 11.5.2018, n. 11458).

L’opponente, sin dall’atto di citazione e ribadendolo nelle conclusioni definitive, ritiene inefficace la fideiussione per violazione del termine indicato dall’art. 1957 CC.

L’art. 6 del contratto di fideiussione prevede che i diritti della Banca verso il fideiussore restino integri sino a totale soddisfacimento delle proprie pretese, senza obbligo di azione entro il termine semestrale previsto dall’art. 1957 CC, che viene espressamente derogato.

E’ irrilevante che il contratto in oggetto sia da qualificarsi in termini di fideiussione o, come eccepito, in termini di contratto autonomo di garanzia, perché comunque le parti hanno, mediante espressa deroga limitata alla sola durata del termine, richiamato nella forma e nella sostanza la disciplina di cui all’art. 1957 CC.

Infatti, se è vero che in via di principio al contratto autonomo di garanzia non è applicabile tout court l’art. 1957 CC, è altrettanto vero che è comunque fatta salva la diversa volontà delle parti (in tal senso, Cass., SU, 18 febbraio 2010, n. 3947 “al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma dell’art. 1957 cod. civ….”; e, quanto alla tutela del fideiussore, meritevole di protezione, anche nel contratto autonomo di garanzia, Cass., sez. III, 5 aprile 2012, n. 5526 “la circostanza che le parti, in un contratto di garanzia, abbiano regolamentato gli oneri gravanti sul creditore ai sensi dell’art. 1957 cod. civ., non è da sola sufficiente ad escludere il carattere autonomo della garanzia stessa, essendo tale norma espressione di un’esigenza di tutela del fideiussore, che può essere considerata meritevole di protezione anche in caso di garanzia non accessoria”; e, ancora, sulla non incompatibilità dell’espressa previsione delle parti del richiamo, in un contratto autonomo di garanzia, alla disciplina dell’art. 1957 CC, Cass., sez. III, 28 marzo 2017, n. 7883).

Alla luce di tale interpretazione giurisprudenziale, si può ritenere che, anche nel contratto autonomo di garanzia, operi la disciplina dettata dall’art. 1957 CC, laddove, come nel caso in esame, espressamente prevista, disciplinata e richiamata dalle parti.

L’obbligazione principale è scaduta il 18.4.2013 con la dichiarazione di fallimento dell’Impresa BB, stante il chiaro disposto dell’art. 55 L.F.; la domanda di insinuazione al passivo da parte della Banca è stata presentata il 24.1.2014, come da PEC inviata alla curatela fallimentare (allegato al doc. 2 di parte convenuta, domanda di insinuazione al passivo), quindi a distanza di oltre nove mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita.

E’ orientamento costante, e condivisibile, della Corte di Cassazione, quello secondo cui il fallimento del debitore principale determina la scadenza automatica del debito garantito da fideiussione ai sensi dell’art. 55, secondo comma, L.F., con la conseguenza che, dalla data di dichiarazione di fallimento decorre il termine entro cui il creditore deve proporre le sue istanze, mediante la domanda di insinuazione al passivo, contro il debitore, ai sensi dell’art. 1957, primo comma, CC, per fare salvi i suoi diritti nei confronti del fideiussore (sez. III, ord. 16.10.2017, n. 24296; sent. 28.7.2017, n. 18779; sez. I, sent. 17.7.2009, n. 16807; sez. III, sent. 12.11.2004, n. 21524).

Poiché, come detto, la decadenza conseguente all’inerzia del creditore garantito può essere evitata solo mediante azione in giudizio (nel caso in esame, mediante la domanda di insinuazione al passivo del fallimento) risulta che la Banca  ha agito tempestivamente, rispetto alla disciplina pattizia di cui all’art. 6 del contratto, tardivamente, secondo la disciplina generale dell’art. 1957 CC.

La signora XX , con contratto datato 27.7.1999, quindi successivamente all’introduzione della speciale normativa in tema di consumatore (già artt. 1469-bis e ss CC; oggi trasfusi negli artt. 33 e ss D.Lgs.6.9.2005, n. 206), ha prestato garanzia fideiussoria in favore della BANCA  per le obbligazioni assunte da Impresa Edile BB  sino alla concorrenza di € 400.000,00.

Impresa BB  era una ditta individuale, cui non risulta partecipasse la signora XX.

Non emerge dagli atti di causa che la signora XX sia professionista, commerciante, artigiano o industriale, o che, comunque, abbia agito, nel rilasciare la garanzia, nell’ambito di dette attività.

La signora XX  ha agito, pertanto, nella veste di consumatore, ed è applicabile la relativa disciplina, soprattutto in tema di clausole vessatorie.

Non solo, ma la giurisprudenza più recente (Cass., sez. VI-I, ord. 16.1.2020, n. 742), assolutamente condivisibile, anche perché confortata dalla giurisprudenza dell’Unione Europea, ritiene che  “nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, Tarcau, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, Dumitras), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio). (Nella specie, è stata ritenuta operante l’esclusività del foro del consumatore con riferimento al contenzioso tra banca e fideiussore non professionista, ancorché l’obbligato principale avesse assunto il debito garantito per lo svolgimento di attività d’impresa)”.

Così come formulato, l’art. 6 del contratto di fideiussione è da considerarsi clausola vessatoria nel senso (già) indicato dall’art. 1496-bis CC, ora dall’art. 33, comma 1, D.Lgs. 6.9.2005, n. 206.

Trattasi, infatti, di clausola che, prorogando di fatto sine die il diritto della Banca di agire nei confronti del debitore principale, determina che il fideiussore possa rimanere vincolato a piacimento della Banca, possa cioè restare, in sostanza, in balia del volere del beneficiario della garanzia, a tempo indeterminato.

In tal senso, si deve ritenere che la clausola determini, nei rapporti tra fideiussore/consumatore e Banca, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Non solo.

La fideiussione è stata chiaramente sottoscritta dalla signora XX su modulo predisposto dalla Banca per la disciplina uniforme di determinati rapporti contrattuali.

In tal caso, ai sensi dell’art. 34, comma 5, D.Lgs. 6.9.2005, n. 206 (già art. 1469-ter, quinto comma, CC), il professionista (la Banca) deve provare che le clausole sono state oggetto di specifica trattativa con il consumatore.

Non è, in sostanza, sufficiente la specifica doppia sottoscrizione ai sensi degli artt. 1341-1342 CC, riportata a stampa sul contratto in oggetto, perché, al contrario, apparirebbe banalmente riduttivo omologare le due discipline in una sorta di interpretazione “al ribasso”, ritenendo sufficiente, anche nell’ipotesi di consumatore, la mera sottoscrizione specifica del richiamo alla clausola, perché allora non si comprenderebbe perché mai il legislatore abbia, invece, ritenuto di dettare una regolamentazione specifica, anziché dar corso al mero rimando alla norma codicistica.

La prova in oggetto (specifica trattativa) non è stata fornita dalla BANCA e, dunque, la clausola non si applica (è inefficace, secondo quanto già previsto dall’art. 1469-quinquies CC; è nulla secondo quanto previsto dall’art. 36 D.Lgs. 6.9.2005, n. 206), con conseguente operatività della disciplina generale prevista dall’art. 1957 cod. civ., da cui deriva la decadenza della Banca dalla possibilità di agire nei confronti del fideiussore, avendo agito nei confronti del debitore principale oltre il termine semestrale di decadenza.

Il decreto ingiuntivo deve essere revocato e la domanda comunque proposta dalla BANCA o dalla Società ZZ in via subordinata, di condanna dell’opponente al pagamento della somma portata dal decreto ingiuntivo, rigettata.

Le altre domande ed eccezioni restano assorbite.

Le spese di CTU vanno poste in via definitiva a carico solidale della Banca e della società ZZ.

La soccombenza regola le spese, liquidate come da dispositivo.

P. Q. M.

il Tribunale di Alessandria, definitivamente pronunziando, così dispone:

1) accertata l’inefficacia della clausola n. 6 del contratto di fideiussione oggetto di causa, revoca il decreto ingiuntivo opposto;

2) rigetta per il resto;

3) pone in via definitiva le spese di CTU a carico, in via solidale,  alla BANCA e alla società ZZ;

4) condanna, in solido tra loro paritario essendo l’interesse in causa, la BANCA e la società ZZ a rimborsare alla signora XX  le spese processuali che liquida in € 20.000,00 per onorario di avvocato, oltre spese generali, CPA ed IVA.

Così deciso in Alessandria, addì 23.10.2020.

Il giudice

Stefano Moltrasio

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