SENTENZA IN TEMA DI DIRITTO DI FAMIGLIA
Sentenza n. 1596/2018 pubbl. il 12/09/2018 RG n. 303/2017
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
CORTE D’APPELLO DI TORINO
Sezione per la Famiglia
La Corte, riunita in camera di consiglio nelle persone dei Signori magistrati:
Dr Enrico DELLA FINA Presidente
Dr Carmela MASCARELLO Consigliere
Dr Rosa G. PORFIDO Consigliere Aus. Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 303 / 2017 R.G.
promossa in sede di appello da
YY, rappresentato e difeso dall’avv. Orazio Maria Miceli e …(omissis) ……… Monica Totolo.
Parte appellante
nei confronti di
XX, rappresentata e difesa dagli Avv.ti ——————— ed elettivamente domiciliato in ————————–, giusta procura in calce all’atto di costituzione del presente grado di giudizio.
Parte appellata
avverso
la sentenza n.1107/2016 del Tribunale di Asti, emessa in data 14.12.2016, pubblicata il
28.12.2016 a conclusione della causa civile di cessazione degli effetti civili del matrimonio
avente R.G. n. 4480/2014 promossa dal Sig. YY.
CONCLUSIONI DEFINITIVE DELLE PARTI
Parte appellante:
“1) Nel merito, in riforma e/o annullamento della sentenza n. 1107/2016 del Tribunale di Asti, emessa in data 14.12.2016 e depositata in cancelleria in data 28.12.2016, notificata in data 10.01.2017, pronunciata nella causa iscritta al N. 4480/2014 R.G.A.C., accogliere la domanda di rigetto dell’assegno divorzile, originariamente proposta dall’appellato e determinato nella misura di € 600,00, in subordine e salvo impugnativa ridurre il quantum dovuto; accogliere la domanda di rigetto del mantenimento della figlia maggiorenne e determinato nella misura di € 500,00 ed anche con riferimento a quanto determinato per le spese straordinarie (mediche e paramediche non coperte dal S.S.N., scolastiche, ricreative e sportive) spese necessarie o concordate e successivamente documentate, in subordine e salvo impugnativa ridurre il quantum dovuto, rigettando per l’effetto le eccezioni dedotte nel giudizio di I° grado dall’odierno appellato, per i motivi sopra esposti;
2) Ritenere e dichiarare infine assorbita ogni altra questione;
3) Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio”
Parte appellata:
“Respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, previe eventuali indagini istruttorie che apparissero necessarie, piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Torino:
Respingere l’appello, come proposto dalla sig. YY e confermare integralmente la sentenza n° 1107/2016 del Tribunale di Asti.
Con riserva di ogni eventuale autorizzata ulteriore difesa.
Vinte le spese e competenze del giudizio”.
MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO
Con ricorso del 29.9.2014, il sig. YY chiedeva al Tribunale di Asti la pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto il 25.8.1985 con la sig.ra XX da cui aveva avuto due figli: ———————-.
Si costituiva nel procedimento la sig.ra XX – dedotti la perdita del lavoro e il rientro a casa della figlia – chiedeva la contribuzione, a carico del YY, al mantenimento della figlia nella misura di €500,00 mensili, oltre al 100% delle spese straordinarie; nonché il riconoscimento di un assegno divorzile di €600,00 mensili.
In data 14.12.2016 il Tribunale di Asti, pronunciava la sentenza n.1107/2016 con cui statuiva: “- dichiara lo scioglimento del matrimonio contratto da XX e YY, iscrizione i cui estremi sono precisati in narrativa.
– dispone che YY corrisponda a XX a titolo di contributo al mantenimento della figlia Michela, entro il giorno 5 di ogni mese, la somma di Euro 500,00 mensili (rivalutabili annualmente secondo gli indici ISTAT), oltre al 75% delle spese straordinarie (mediche e paramediche non coperte dal S.S.N., scolastiche, ricreative e sportive) spese necessarie o concordate e successivamente documentate;
– dispone che YY corrisponda a XX, entro il giorno 5 di ogni mese, un
assegno divorzile di Euro 600,00 mensili (rivalutabili annualmente secondo gli indici ISTAT);
liquida in complessivi Euro 3.800,00, oltre spese generali, CPA e IVA come per legge.
-dichiara tenuto e condanna YY alla refusione delle spese di lite a XX, che
Ordina all’Ufficiale dello stato civile del Comune di —- di provvedere alle incombenze di
legge”.
A fondamento della propria decisione e per quanto ancora interessa in questa fase di gravame, il Tribunale ha osservato:
“Per quanto concerne il mantenimento della figlia —-, rileva il Tribunale che la figlia ha
diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse
economiche della famiglia e in linea, per quanto possibile, con quello goduto in epoca
antecedente la separazione personale dei genitori o comunque idoneo ad assicurare il
soddisfacimento delle sue primarie esigenza di vita; considerate le esigenze economiche di
una ragazza universitaria di 24 anni, esigenze sull’entità delle quali le parti concordano quasi
versando alla resistente, entro il giorno 5 di ogni mese, un assegno di Euro 500,00 mensili,
integralmente, ritiene il Collegio che il ricorrente debba contribuire al mantenimento della figlia
rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al 75% delle spese straordinarie
(mediche e paramediche non coperte dal S.S.N., scolastiche, ricreative e sportive) spese
necessarie o concordate e successivamente documentate, quota di pertinenza determinata
alla luce della sensibile disparità di risorse economiche tra i genitori, quale emergente dalle
osservazioni che seguono”
In relazione all’assegno di divorzio
“Sul punto deve rilevarsi che in sede di separazione le parti non avevano previsto alcun
contributo al mantenimento della moglie, essendo costei autosufficiente.
E’ tuttavia provato che, nel luglio 2014, XX ha perso la propria occupazione presso
la ditta — che le garantiva il percepimento di una retribuzione mensile di circa € 1.700
(vds, dichiarazioni fiscali doc. n. 1 parte resistente allegate agli atti) e, in concomitanza alla
perdita del lavoro, si è dovuta fare carico del mantenimento della figlia — che si è
dell’immobile ove abita e ove ha sede la “Madia s.n.c.”. Le indagini patrimoniali e reddituali
trasferita presso la stessa; attualmente la sig.ra XX lavora come collaboratore scolastico a
chiamata, ad esclusione del periodo estivo, con una retribuzione mensile media di € 800,00
circa, come desumibile dai cedolini prodotti in atti. A fronte di ciò, corrisponde per
l’appartamento ove lei e la figlia vivono un canone pari ad € 650,00 mensili; non risulta
intestataria di beni immobili.
Di contro YY è contitolare insieme al fratello della “—–.” avente ad oggetto al
vendita all’ingrosso e al dettaglio di merce varia, ed è titolare, in parte unitamente al fratello e
in parte in via esclusiva, dei numerosi agrumeti, frutteti, uliveti e di altri terreni boschivi (vds.
visure camerali doc. n. 12 produzioni parte resistente); risulta, inoltre, contitolare con il fratello
— e la madre di svariati immobili, sempre siti nel Comune di —-, tra i quali
delegate alla Guardia di Finanza hanno evidenziato che la “—–.” nel 2014 ha prodotto
un reddito di impresa pari ad € 8.897,00 di cui il 50% di competenza del ricorrente, mentre
dalle altre fonti di reddito (fabbricati e partecipazioni) ha percepito un reddito complessivo nel
2014 di € 5.880,00; i conti correnti dei quali è titolare presentano tutti un saldo negativo o nullo. E’ risultato titolare, oltre agli immobili sopra elencati, di una vettura e di un motociclo.
Le medesime indagini hanno confermato la situazione patrimoniale e reddituale della sig.ra
XX quale dalla stessa allegata.
Alla luce delle risultanze delle indagini delegate, raffrontate alle potenzialità economiche di
YY quali emergenti dalla capacità di mantenere integralmente per anni la figlia —
in cui vive (di notevoli dimensioni, come emerso in sede di istruttoria orale e confermato dalla
a Roma corrispondendo anche il canone di locazione (circostanza allegata dalla resistente e
non oggetto di specifica contestazione da parte del YY), di sostenere i costi dell’abitazione (di notevoli dimensioni, come emerso in sede di istruttoria orale e confermato dalla
documentazione fotografica prodotta in atti dalla resistente), di una vettura e di una
motocicletta, nonché di sopportare i pesi, anche fiscali, delle innumerevoli proprietà delle quali
è titolare senza necessità di procedere alla vendita di alcuna di esse per procurarsi la
necessaria provvista, appare evidente l’inattendibilità delle dichiarazioni fiscali presentate da
YY così come necessariamente parziale e incompleta appare la ricostruzione delle
sue disponibilità mobiliari quali risultanti dalle interrogazioni operate della Guardia di Finanza.
Deve conseguentemente affermarsi l’esistenza in capo a YY di una non indifferente
capacità reddituale, ancorché non denunciata; a fronte di ciò, ritiene il Tribunale che sussista
una significativa disparità fra le potenzialità economiche dei coniugi, avuto riguardo anche alla
titolarità di un ragguardevole patrimonio immobiliare in capo al ricorrente e alla contitolarità
della “—–.”, elementi espressivi di una significativamente maggiore potenzialità
economica di YY rispetto a quella della moglie.
Tali elementi, considerati unitamente alla limitata capacità della sig.ra XX produrre
redditi anche a cagione della non più giovanissima età, consentono di ravvisare una parziale
inadeguatezza dei mezzi di XX in rapporto al tenore di vita avuto in costanza di
matrimonio (tenore desunto dalle potenzialità economiche dei coniugi, quali emergenti dalle
deposizioni dei testi —— in merito alla prevalente attività casalinga svolta della sig.ra
XX durante gli anni del matrimonio, alla disponibilità per tutto l’anno di una seconda casa al
mare e alla possibilità di vivere in una casa familiare di notevoli dimensioni e comodità) e che
sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o che poteva
comunque legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate
nel corso del ventennale rapporto.
Alla luce di quanto sopra esposto, tenuto conto della durata del matrimonio, dell’apprezzabile
squilibrio fra la situazione economica e reddituale dei coniugi, si ritiene equo determinare
l’assegno di divorzio in Euro 600,00 mensili, rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT”
In ordine alle spese di lite
“Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza”.
***
Avverso la suddetta pronuncia il sig. YY ha interposto gravame, chiedendone la
totale riforma e formulando le conclusioni in epigrafe riportate sulla base dei motivi che
La sig.ra XX, costituitasi in giudizio con comparsa datata 8.6.2017, ha formulato le conclusioni in epigrafe riportate.
Il Procuratore Generale, debitamente informato in data 15.06.2017, non ha inteso intervenire nella causa.
All’udienza del 18.01.2018, le parti precisavano le rispettive conclusioni come da separato
foglio e la causa veniva trattenuta per la decisione con assegnazione dei termini di cui all’art.
190 c.p.c.
* * *
La Corte ritiene l’appello fondato per i motivi che di seguito verranno esplicitati.
L’appellante, lamenta come primo motivo di appello “la violazione degli art. 115 e 116 c.p.c. in
merito alla valutazione delle prove fornite riguardo alla capacità reddituale delle parti”
deducendo che: “Preliminarmente con riferimento al principio della libera valutazione della
prova, assume rilevanza il criterio logico seguito dal giudicante riguardo all’esame e
valutazione dei documenti esibiti dalle parti in corso di causa.
Nel caso del quo è palese che il giudice di prime cure è incorso nell’errore di ignorare la
condizione economica di crisi dell’appellante – ritenendo non rilevanti le dichiarazioni fiscali
relativi ai periodi d’imposta dall’anno 2008 al 2013 (all. 6 del fascicolo di parte di primo grado
lavora come collaboratore scolastico a chiamata, ad esclusione dei mesi estivi coincidenti con
(in all. n. 3) e la relazione patrimoniale-economico-finanziaria (anno 2013 e 2014) redatta dal
Rag. ZZ (in allegato alla memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 di parte (in all. n. 3) – che,
al contrario, è l’unico dato certo, in quanto unica conseguenza “logica” delle risultanze
dell’indagine tributaria della Guardia di Finanza…… L’errata valutazione delle prove da parte
del Giudice di prime cure rende ancor più manifesto il conseguente “pregiudizio” insito in tutta
la parte motiva, per cui il giudicante ha interpretato “a senso unico” i fatti modificativi della
capacità reddituale dei due coniugi.
Ed infatti il Tribunale ha ritenuto vero che la Sig. XX ha perso il lavoro che aveva in
precedenza (circa 1.700 euro mensili come stipendio fino al mese di luglio del 2014) ed oggi
le vacanze scolastiche, con una retribuzione mensile di euro 800,00.
Ma dall’altro lato il giudicante non ha tenuto nella stessa considerazione il Sig. YY
allorquando è dimostrato per tabulas che lo stesso non guadagna più come un tempo, rispetto
al momento della separazione stante il progressivo diminuire del reddito complessivo, per
come riportato nei n. 6 (sei) modelli persone fisiche redditi annualità 2009-2014 e confermato
dagli accertamenti tributari della Guardia di Finanza.
Pertanto la considerata modifica della condizione di vita della Sig.ra XX avrebbe dovuto fare
il pari con quella del Sig. YY, si ricorda che: il giusto processo di cui all’art. 111 Cost. in
fondo implica anche valutazioni equanimi delle risultanze fattuali allegate dalle parti.
Da ciò ne deriva una palese violazione del criterio logico seguito dal giudicante con riferimento
al fatto che il mantenimento della condizione di vita in equilibrio con il pregresso e cioè in
costanza di matrimonio, va sempre aggiornato alla reale situazione di fatto, non potendo diventare una pietra miliare a cui rapportare ogni posizione successiva: se così fosse non ci
sarebbe alcuna possibilità di modificare condizioni di separazione o divorzili in ragione di una
mutata condizione economica e patrimoniale di uno dei due coniugi.
Altra svista del giudice di prime cure è il non aver tenuto in debito conto che nel corso di un
periodo di separazione di sette anni circa, possono esserci stati momenti più o meno favorevoli dal punto di vista economico per entrambi i coniugi, ciò non può determinare la concessione
ictu oculi del menzionato diritto all’assegno…..
Altro profilo da censurare è la “potenzialità” di cui parla il Giudicante che è stata riconosciuta
però “a senso unico”, invece di essere coniugata ad entrambe le posizioni e ciò si scontra con
altri familiari, ha dimostrato una condizione economica rispetto al momento della separazione
il risultato degli accertamenti tributari della Guardia di Finanza.
Il Sig. YY che non nasconde assolutamente la sua attività lavorativa svolta in società con gli altri familiari, ha dimostrato una condizione economica rispetto al momento della separazione
peggiorata, con un progressivo diminuire del reddito complessivo.
Per come meglio riportato nella relazione patrimoniale-economico-finanziaria (anno 2013 e
2014) redatta dal Rag. — (in allegato alla memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 del
fascicolo di primo grado (in all. n. 3) a causa dell’insufficienza del margine di contribuzione
della “—-.” e non potendo realizzare liquidità finanziaria attingendo al patrimonio
disponibile, il Sig.YY si è progressivamente indebitato con le banche al fine di garantire la
necessaria liquidità alla ditta per cercare di contenere l’esposizione debitoria, ciò insieme ad
altri fattori ha appesantito il conto economico non consentendo un adeguato utile di esercizio.
Riguardo al complesso di beni immobili (terreni e fabbricati) ascritti al Sig. YY, si può
facilmente desumere anche dalle visure prodotte nel fascicolo di primo grado di parte
appellata, che si tratta di beni di cui il Sig. YY detiene uno quota di proprietà insieme ai
familiari, essendo beni appartenenti all’asse ereditario paterno.
Si specifica che nessun reddito deriva dall’uso dei fabbricati in quanto ricompreso nel bilancio
della “—”, mentre i terreni di modeste estensioni e di modesto reddito catastale non
sono né concessi in affitto, né oggetto di coltivazione, pertanto risultano improduttivi e
comunque, non essendone il Sig. YY proprietario esclusivo, non può disporne pienamente.
Riguardo alla posizione economica della Sig.ra XX l’attività istruttoria espletata in primo
grado ha dimostrato che l’appellata ha percepito per l’anno 2014 un reddito complessivo di
€14.712,00 mentre per le annualità precedenti ha percepito redditi più elevati quale
collaboratrice scolastica dell’importo complessivo di: € 23.136,00 per l’anno 2011, € 23.589,00
per l’anno 2012 e di € 25.090,00 per l’anno 2013, si ricorda che questi dati sono stati forniti
prendere in considerazione l’evoluzione giurisprudenziale in materia e dunque i principi
dalla relazione sugli accertamenti tributari della Guardia di Finanza datata 18.12.2015.
Ed ancora nella relazione integrativa degli accertamenti tributari della Guardia di Finanza
datata 23.05.2016, si evince che la Sig.ra XX è intestataria di un conto corrente presso la
filiale della Banca Unicredit di Carmagnola, cointestato dal 02.11.2012, per l’importo
complessivo di € 35.448,58.
Pertanto con riferimento alla condizione della Sig.ra XX ad oggi risulta non provata la
circostanza dell’attuale stato di bisogno, mancando il presupposto della mancanza di mezzi
adeguati al sostentamento e l’impossibilità di procurarseli.
La Corte ritiene di accogliere il motivo di gravame posto che non può esimersi dal dover prendere in considerazione l’evoluzione giurisprudenziale in materia e dunque i principi cristallizzati nella sentenza 10 maggio 2017, n.11504 della Cassazione Civile, in base ai quali
il” tenore di vita”, applicato all’an debeatur, cessa di essere il criterio per la determinazione
matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale.
giuridica, anche perché potrebbe costituire un ostacolo al diritto del coniuge economicamente
L’interesse a conservare il tenore di vita matrimoniale non sarebbe più meritevole di tutela giuridica, anche perche’ potrebbe costituire un ostacolo al diritto del coniuge economicamente
più “forte” di dare vita ad una nuova famiglia, anche dopo la dissoluzione del matrimonio, diritto
che viene riconosciuto sia dalla CEDU (artt.8 e 12) sia dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea (art. 9).
La posizione espressa nella suddetta sentenza è applicabile anche a tutti i processi già
pendenti ed avviati prima della pronunzia stessa.
Conseguentemente il parametro di riferimento fondamentale ai fini del riconoscimento
dell’assegno divorzile si fonda sul giudizio di adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi dell’ex
coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla possibilità-impossibilità per ragioni oggettive
dello stesso di procurarseli.
Conseguentemente, l’accertamento nella fase dell’an debeatur deve attenersi solo alla
persona dell’ex coniuge richiedente l’assegno come singolo individuo, cioè senza alcun
riferimento al preesistente rapporto matrimoniale, mentre, nella successiva e eventuale fase
del quantum debeatur è legittimo procedere ad un giudizio comparativo tra le rispettive
posizioni personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo gli specifici criteri
dettati dall’art. 5, comma 6, della Legge n. 898 del 1970 per tale fase del giudizio.
Venendo al caso di specie, dalla documentazione prodotta, dalle risultanze istruttorie nonché
dalle asserzioni di parte, rileva che lo stato di disoccupazione della XX durava per un tempo
insignificante (un mese: agosto 2014) e che nonostante l’attività lavorativa attuale (€800,00
mensili) risulti meno retribuita della precedente (€1.700,00 mensili) comunque non sussiste
l’elemento dell’insufficienza economica, tenuto altresì conto della titolarità di un conto
cointestato alla madre della stessa con saldo attivo di €35.448,58 e della convivenza con la
figlia ormai 26enne indipendente economicamente.
Conseguentemente in capo alla XX non può considerarsi sorto il diritto condizionato
all’assegno di divorzio che trova fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di
“solidarietà economica” (art. 2, in relazione all’art. 23, Cost.) gravante su entrambi gli ex
coniugi, quali persone singole, a tutela del soggetto economicamente più debole (“solidarietà
post-coniugale”) che giustifica la doverosità della prestazione (art. 23 Cost.).
sentenza impugnata in ordine alla sussistenza dei presupposti per la concessione del
L’acclarata sussistenza della adeguatezza economica e della indiscussa capacità lavorativa
dell’appellata, non scalfita da alcun elemento limitativo e dunque con potenziale possibilità di
migliorare nuovamente la propria posizione reddituale, inibisce ogni determinazione del
quantum debeatur rendendosi superfluo ogni esame delle posizioni economiche delle parti,
nonché ogni ulteriore valutazione delle ragioni poste dal Tribunale. Infatti, soltanto nella fase
del quantum debeatur è legittimo procedere ad un “giudizio comparativo” tra le rispettive
“posizioni” (lato sensu intese) personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo
gli specifici criteri dettati dalla legge.
Il secondo motivo di appello afferisce alla “Erronea e contraddittoria motivazione del
mantenimento della figlia maggiorenne” in merito la difesa del YY rileva che: “All’epoca
della separazione giudiziale i coniugi sceglievano concordemente di rinunciare al reciproco
mantenimento, ciò sulla base della loro autonomia economica, mentre il Sig. YY contribuiva al mantenimento della figlia —. La Sig.ra XX otteneva l’affidamento della figlia presso la sua residenza a —, ma dopo poco tempo dalla separazione dei genitori la figlia
— tornava a casa del padre risiedendovi fino al mese di dicembre 2014, per poi fare ritorno definitivamente a —- dalla madre ed effettuando anche il cambio di residenza. L’assegno per il
mantenimento della figlia dell’importo di € 500,00 che il Sig. YY ha sempre
versato è stato determinato anche in considerazione della previsione degli studi universitari da
intraprendere dalla figlia — e la necessità della sua dimora presso la sede
universitaria…….
Fatta questa premessa l’odierno appellante contesta che ricorrano i presupposti di cui
all’art.155 c.c. per continuare a versare alla figlia —-l’assegno di mantenimento, in
quanto a far data dal 01.04.2015 risulta essere assunta con un contratto a tempo pieno
determinato con la qualifica di programmatore informatico livello 5, presso la società
—- con sede di lavoro in —————-e con scadenza il 31.03.2018,
per come certificato nella scheda riepilogativa dell’indagine attività lavorativa effettuata dalla
NNNN su richiesta del YY (in allegato n. 2).
Pertanto, l’obbligo del genitore cessa nel momento in cui il figlio abbia trovato un lavoro
stabile, adeguato e dignitoso rispetto alla specifica formazione ed alle corrispondenti
aspettative di inserimento nel mondo del lavoro, che gli consenta un giusto tenore di vita,
d’altronde il fatto che la figlia —- non abbia proseguito gli studi, tende a far cessare
l’obbligo di mantenimento che tendenzialmente viene indicato intorno al ventiduesimo anno
d’età”.
Il motivo è fondato.
Il diritto dell’ex coniuge a percepire un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne
convivente è da escludere quando quest’ultimo ha iniziato un’attività lavorativa, così
dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del
corrispondente obbligo di mantenimento ad opera del genitore, in merito, non assume rilievo il
sopravvenire di circostanze ulteriori, come nella specie il licenziamento, le quali non possono
far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno (cfr. Cass.
16/05/2017 n° 12063).
contrastare la deduzione avversa con un altro fatto diverso o logicamente incompatibile,
L’eccezione dell’appellante in ordine alla tardività della produzione dell’indagine riepilogativa
del rapporto di lavoro della figlia della coppia (allegato 2), nonché le mere asserzioni di non
attendibilità del documento non meritano accoglimento per più ordini di ragione.
Nell’ambito nella materia in esame si assiste a una estensione del sindacato del giudice
sottesa alla natura degli interessi in gioco e all’immanenza del principio “rebus sic stantibus”
che permea i procedimenti in materia di famiglia in ogni fase e grado del giudizio, ciò posto
non può considerarsi tardiva la documentazione prodotta in sede di appello dal YY.
Di contro, rileva che l’appellata non contestando specificatamente il fatto dell’intrapresa attività
lavorativa della figlia, limitandosi a rilievi generici sul contenuto della documentazione
depositata (rapporto a tempo determinato – contratto formativo), ha disatteso l’onere
oppure con una difesa che appare seria per la puntualità dei riferimenti richiamati.
Inoltre, il percorso formativo effettuato dalla figlia della coppia e finalizzato all’entrate nel
l’assunto della difesa della XX: “Pertanto il YY già da allora era a conoscenza del fatto
che la figlia avrebbe potuto reperire occasioni di lavoro-formative e quindi già nel giudizio di
primo grado avrebbe dovuto svolgere accertamento del caso” fanno desumere, da tempo,
l’ormai aggiunta indipendenza economica di —–.
In ordine alle spese, l’accoglimento del gravame impone, per il principio della soccombenza,
D.M. 55/2014, applicando i valori medi previsti per le cause rientranti nello scaglione
anche la liquidazione del 1 grado del giudizio (cfr. Cass. Civ. Ord. 10.04.2018 n.8869), per
l’effetto si pongono a carico dell’appellata le spese di entrambi i gradi liquidate, ai sensi del
€5.200,00/ €26.000,00: per il primo grado in complessive €4.835,00 di cui €875,00 per la fase
di studio della controversia, €740,00 per la fase introduttiva del giudizio, €1.600,00 per la fase
l’istruttoria, €1.620,00 per la fase decisionale, oltre al 15% per spese forfettarie, C.P.A. ed
I.V.A. nonché alle spese borsuali; per il secondo grado in complessive €3.777,00 di cui
€1080,00 per la fase di studio della controversia, €877,00 per la fase introduttiva del giudizio e
€1.820,00 per la fase decisionale, oltre al 15% per spese forfettarie, C.P.A. ed I.V.A. nonché
alle spese borsuali.
PER QUESTI MOTIVI
Visti gli artt. 359 e 279 c.p.c.;
definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza n.1107/2016, emessa dal
Tribunale Civile di Asti, in data 14.12.2016 e pubblicata il giorno 28.12.2016;
accoglie l’appello proposto dal sig. YY e in riforma della citata sentenza dichiara
l’insussistenza del diritto della sig.ra XX a ricevere sia l’assegno divorzile, sia
l’assegno contributivo al mantenimento della figlia —, nonché le spese straordinarie e le
spese necessarie;
conferma per il resto l’impugnata sentenza;
condanna la sig.ra XX al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi del
giudizio liquidate: per il primo grado in complessive €4.835,00 di cui €875,00 per la fase di
studio della controversia, €740,00 per la fase introduttiva del giudizio, €1.600,00 per la fase
l’istruttoria, €1.620,00 per la fase decisionale, oltre al 15% per spese forfettarie, C.P.A. ed
I.V.A. nonché alle spese borsuali; per il secondo grado in complessive €3.777,00 di cui
€1080,00 per la fase di studio della controversia, €877,00 per la fase introduttiva del giudizio e
€1.820,00 per la fase decisionale, oltre al 15% per spese forfettarie, C.P.A. ed I.V.A. nonché
alle spese borsuali.
Così deciso il 25.05.2018, nella Camera di Consiglio della Sezione Famiglia della Corte di
Appello di Torino.
Il Consigliere Aus. Est. Il Presidente
(Dr Rosa Giuseppina PORFIDO (Dr Enrico DELLA FINA)